Con un comunicato stampa (vedi QUI), il Commissario Ue al Commercio Karel De Gucht ha confermato l’introduzione dei dazi sull’importazione dei pannelli made in China. Non mancano però le voci contrarie.

I dazi entreranno in vigore il 6 giugno 2013 e saranno applicati per un periodo di 6 mesi, al termine del quale si dovrà decidere se stabilizzarli (in ogni caso non oltre i 5 anni). Sono previste due fasi: dal 6 giugno e per i successivi due mesi, i dazi imposti saranno pari all’11,8%; dal 6 agosto e almeno fino al 5 dicembre, le percentuali oscilleranno da un minimo del 37,2% a un massimo del 67,9%, a seconda del grado di collaborazione dimostrato dalle aziende cinesi.

Secondo quanto dichiarato dal Commissario Ue, i dazi non sono una forma di protezionismo ma una misura di emergenza indispensabile per poter dare un po’ di ossigeno ad un settore europeo strategico, ma che in questo momento a causa della concorrenza sleale rischia di perdere almeno 25mila posti di lavoro.

Stando alle stime europee, le imprese cinesi stanno vendendo talmente sottocosto che il prezzo medio attuale di vendita dei moduli cinesi – per essere riallineato ai prezzi di mercato – dovrebbe essere aumentato dell’88%.

E in effetti i dati sembrano parlare chiaro: il fotovoltaico cinese ha conquistato una quota pari all’80% del mercato UE, in un contesto di sovrapproduzione che consentirebbe oggi alle aziende cinesi di soddisfare il 150% della domanda mondiale.

I nuovi dazi europei, secondo il Commissario De Gucht, hanno non solo lo scopo di ricreare immediatamente un certo livello di parità nella concorrenza industriale ma anche di avviare una seria negoziazione con le imprese cinesi in grado di portare in breve tempo ad una “soluzione amichevole”.

L’introduzione dei dazi, però, non trova un consenso unanime ma anzi vede l’opposizione di una buona fetta dell’industria fotovoltaica europea. Secondo le stime dell’istituto indipendente di ricerca economica Prognos e riportate anche da AFASE (Alliance for Affordable Solar Energy), l’introduzione di dazi antidumping del 20% porterebbe in tre anni in Europa a una diminuzione di circa 175.500 posti di lavoro e a una perdita di 18 miliardi di euro in valore aggiunto.

Fonte: Nextville

 

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